Camaldoli, 2 gennaio 2017.

Cari amici,

quest’anno alcuni di voi si chiederanno perché non ho fatto dono del testo scritto della mia omelia di Natale ai miei amici e parenti come ero solito fare.

Per la verità la cosa quest’anno è stata sostituita in gran parte dalla preparazione della postazione della statua del bambino Gesù. Avendola spiegata proprio la notte di Natale si può ben dire che essa è la mia vera omelia di Natale. Lungi dall’essere una semplice scenografia, nel simbolismo dei colori e delle immagini che evoca, questa postazione vuol essere una spiegazione dei misteri del Natale e del loro manifestarsi nella liturgia di questi giorni.

_V5Y4690 (1) La cosa che mi ha tenuto più impegnato con la mente è stata la rappresentazione della gloria.

Gloria a Dio nel più alto dei cieli, recita il coro angelico… Ma io voglio vedere la gloria come qualcosa che parte dal basso e giunge fino nel più alto (cioè fino a Dio stesso). Ha il peso della nostra condizione (kabod in ebraico = peso). Pensate ai cherubini, animali mitici possenti che devono sostenere il peso della gloria di Dio.  Il rosso della postazione allora indica la terra, il sangue, l’umanità. C’è una tensione che sale verso l’alto. Quasi un grido che sale a Dio dalla terra.  Un po’ come la voce del sangue di Abele che grida a Dio dalla terra. Gloria a Dio nel più alto dei cieli. La gloria parte dal basso della terra, come recita il gloria della messa cantata in onore di San Giovanni Paolo II composta dal coro del Sermig.  Il rosso indica anche la festa del Natale.

A questo grido risponde il cielo con una cascata di luce e di pace che discende sulla terra. La luce che cade sulla terra rappresenta il dono della pace che si stende come un manto a coprire ogni cosa. Significativamente la pace è dono del cielo, ovvero di Dio. Non può essere raggiunta dai soli sforzi umani. Questo manto che disegna nel suo scendere una sorta di M mi ha fatto subito pensare al Manto di Maria e all’iniziale del suo nome. Un manto che protegge dai dardi infuocati della guerra e dai pericoli che minacciano la pace. È tra l’altro tipica della nostra terra romagnola nel medioevo la raffigurazione della Madonna che spezza con il suo manto le frecce scagliate dall’alto da parte di Cristo Giudice. Tema iconografico ripreso dai vari gonfaloni della produzione umbra che poi darà origine alle tante “madonne della misericordia” o “della pietà”, che proteggono coloro che si affidano a loro sotto il grande mantello. La peste e il terremoto per l’appunto erano i pericoli dai quali soprattutto si chiedeva protezione. Nemmeno a farlo apposta la chiesa celebra la giornata mondiale della pace proprio il primo gennaio, solennità della Madre di Dio.

L’azzurro cupo dello sfondo sta a simboleggiare il cielo, che è la dimora di Dio. Una dimora eterna, stabile, che non viene mai meno. Eppure Dio lascia la sua dimora e viene ad abitare in mezzo a noi. Dio piega il suo cielo e scende e si forma come una tenda. La tenda nella bibbia rappresenta la dimora provvisoria, tipica dei beduini del deserto. Fa immediatamente pensare all’esperienza del cammino del popolo nel deserto. È proprio qui, nell’esodo, che fa la sua prima comparsa la Dimora, non costruita da mano d’uomo, che Mosè vede nel cielo stesso e che poi deve riprodurre qui sulla terra. La dimora è la prima anticipazione nella bibbia (figura) di quello che sarà poi la carne di Gesù. Attraverso questa tenda Dio viene a prendere dimora in mezzo al suo popolo.

L’incontro fra cielo e terra nella carne di Gesù rende possibile l’impossibile. Gli opposti si toccano e da questo contatto scaturisce una scintilla di luce ancora più grande di quella del sole che ha diradato le tenebre della notte. La carne di Gesù è la vera stella (epifania) che manifesta il punto verso cui è orientata la storia. Il vero punto Omega, come amava dire Theillard de Chardin. Una luce che da quel momento in avanti orienta costantemente il nostro cammino. Dio e uomo insieme, nella stessa casa. Il punto finale è però anche il punto d’inizio. Se Dio non avesse creato questa possibilità invano gli uomini brancolerebbero nell’oscurità camminando come a tentoni. Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce… su coloro che abitavano nelle tenebre e in regioni di morte una luce rifulse.

Cari amici spero di non avervi annoiato con queste considerazioni. Ognuno potrà trarne il significato e l’ispirazione che vorrà per la propria vita. Di certo la luce di questi giorni ha una origine precisa e, ne converrete con me, nasce dalla carne di Cristo.