Cari fratelli e sorelle,

mentre scrivo questa lettera per la Pasqua mi imbatto nella notizia della morte di Stephen Hawking. Una delle menti più brillanti dell’ultimo secolo confinato per oltre cinquant’anni su una carrozzina che ha cercato di spiegare l’origine e la natura dell’universo con l’unica possibilità di parlare attraverso un sintetizzatore vocale. Ha ammesso candidamente che se non fosse stato costretto all’immobilità da una malattia così invalidante probabilmente non avrebbe passato tutto quel tempo a farsi queste domande e a cercarne le risposte. In questo senso la malattia lo ha aiutato a mantenere viva la domanda. Potremmo dire che la vita di Stephen Hawking è un simbolo della nostra condizione umana.

Una delle più grandi suggestioni scaturite dallo sviluppo della scienza cosmologica è la possibilità di viaggiare nel tempo. Chi ha visto il film “Interstellar” sa di che cosa sto parlando. Superare cioè quel limite che ci è connaturale per il fatto di essere situati in un determinato spazio-tempo. Proprio il fatto di essere “viaggiatori nel tempo” che vanno su una carrozzina sviluppa a dismisura la nostra volontà di esplorare ciò che va oltre i limiti della nostra conoscenza. Molte volte facendo le benedizioni quest’anno ho parlato della nostra condizione di pellegrini ad anziani che non muovono più di dieci passi nel corso dell’intera giornata. Proprio loro, però, mi hanno fatto rendere conto che per quanto lentamente cammini nessuno si può considerare esente da questa condizione di pellegrino.

Mi viene in mente subito l’invito di s. Paolo apostolo: “Cercate le cose di lassù”. (Col 3, 1)

Ad una condizione – dice Paolo – Se siete risorti con Cristo.

Molte volte consideriamo la resurrezione come qualcosa di confinato al di là della morte. Ma Paolo ci dice che la resurrezione è una condizione che travalica il tempo: una condizione che irrompe già nella nostra vita terrena mettendo in moto un dinamismo di ricerca.

Ora, se consideriamo la Resurrezione di Cristo noi dobbiamo ammettere che è una notizia che ci giunge dal passato attraverso una ininterrotta tradizione, ma che non si occupa del passato se non in piccola parte. È invece semmai qualcosa che ci protende verso il futuro della nostra sorte. Questa tensione mantiene vivo un desiderio che non si consuma nella semplice attesa di ciò che verrà. Anche perché finora non ci è dato di andare e tornare indietro dalla morte a nostro piacimento e di raccontarlo.

La resurrezione è piuttosto un meccanismo che mette in moto tutta una serie di azioni e di attenzioni che fanno sì che la nostra vita non rimanga imprigionata nell’orizzonte degli eventi quotidiani, ma ce li faccia cogliere nella prospettiva di qualcosa che si avvicina sempre più a ciò che noi chiamiamo “il senso della nostra vita”, ovvero la direzione verso la quale si incamminano tutti i nostri sforzi e si concentrano le nostre energie.

Ascoltiamo di nuovo le parole di san Paolo: “Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dov’è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.” (Col 3, 1-4).

Bisogna fare attenzione a una cosa: quando Paolo ci esorta a non rivolgere il pensiero alle cose della terra non implica con questo una svalutazione dell’esperienza terrena e umana in generale. Ci chiede soltanto di guardarle nella giusta luce. Lo sguardo deve essere sollevato in alto. È come se ci fosse dato di assistere a un panorama mozzafiato e noi continuassimo a guardare in basso, magari per la paura di cadere o di perderci.

Essere risorti con Cristo allora è aver deciso che questa prospettiva è l’unica degna di essere tenuta in considerazione. L’unica capace di fornire una poderosa spinta centrifuga che ci faccia abbandonare le pesantezze del vivere quotidiano con tutte le sue complicazioni e compromessi e ci slanci in una ricerca appassionata del vero motivo per cui siamo nati. Risorgere, appunto. Cioè ri-nascere.

Paradossalmente questa nuova consapevolezza ci riconcilia molto di più con la nostra condizione e ci fa prendere sul serio e apprezzare anche le piccole cose, poiché sappiamo che sono in realtà le fasi di una nuova gestazione.

22”Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi.23Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.24Nella speranza infatti siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe sperarlo? 25Ma, se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza”. (Rom 8, 22-25)

Non solo l’uomo, ma l’intero cosmo partecipa di questa “dolce attesa”. Anela cioè a risorgere, a rinascere. Questo è il motivo della nostra esistenza, questo è l’orizzonte della nostra conoscenza.

Buona Pasqua a tutti. don Alessio.